Bellomunno è l’unica ditta di pompe funebri a Napoli autorizzata al trasporto con carri trainati da cavalli.
Funerale con cocchiere, carrozza e cavalli
Oltre ad avere a disposizione diverse tipologie di macchine funebri, Bellomunno ha diverse carrozze funebri trainate da cavalli. Una delle più preziose è quella appartenuta al nobile Pessina: una carrozza reale del ‘700 nata per le passeggiate dei monarchi e in seguito adattata a carro funebre dagli avi della famiglia Bellomunno.
Da anni il cocchio Pessina è usato per i funerali più prestigiosi come quello per:
- il principe Valle Pignatelli;
- il principe Striano Filangieri;
- il famoso Antonio De Curtis in arte Totò;
- il marchese Caracciolo D’arena;
- il sindaco di Napoli Luigi Miraglia;
- il maestro di musica Mercadante.
Nel retro del contratto per la fornitura del servizio funebre con carrozza e cavalli (foto a destra), risalente alla prima metà del ‘900, sono elencati altri nomi di personaggi illustri a cui l’impresa funebre Bellomunno ha curato i funerali a Napoli con il suo carro funebre antico.
Curiosità
A Napoli, i cocchieri alla guida dei carri trainati dai cavalli di Bellomunno erano così noti che a essi sono legati diversi detti napoletani passati alla storia come:
“Me pare ‘o cucchiere ‘e Bellumunno!” – mi sembri il cocchiere di Bellomunno! – modo di dire riferito a una persona triste e portatrice di sventura.
Nel libro “Il Giorno prima della felicità”, anche Erri de Luca fa riferimento al cocchiere di Bellomunno descrivendo l’ispettore.
“Ma quanno mai, qua nisciuno s’arraggia. Ma voi siete troppo pallido, me sembrate uno’ e Bellomunno, chillo d’è ppompe funebri, è vero don Gaeta’? Porta le scarpe nere, che vanno’ areto ai funerali.”
Agli inizi del ‘900, alla morte di Emanuele Gianturco – civilista, avvocato, oratore e parlamentare – Bellomunno predispose per lui un carro funebre fatto di legni e cristalli pregiati e trainato da otto giganteschi cavalli neri tenuti a freno da un imponente cocchiere in divisa di ambasciatore.
Il carro fu denominato «carro Gianturco» e per molti anni restò a disposizione dei napoletani defunti più distinti o ricchi fino a quando venne smantellato alcuni anni fa.